Foto di Pietro Iocca

Il 21 marzo si svolge annualmente la Giornata internazionale delle foreste e per quest’anno mi è stato chiesto di scrivere poche righe capaci, però, di farvi “addentrare” nella selva castelbottaccese.

Sono Eduardo, cresciuto a Castelbottaccio, ed è proprio nel nostro paese, passeggiando verso Lucito, che è nata dentro di me la passione dei boschi, degli alberi, del legno, degli animali selvatici e di tutto quello che riguarda il mondo forestale. L’interesse verso la componente verde del nostro globo mi ha portato ad affrontare gli studi accademici e, attualmente, a condurre il dottorato di ricerca presso l’Università degli Studi del Molise.

Non credo che tra i lettori ci siano persone che non siano mai state in un bosco, visto un bosco o almeno hanno un’idea di bosco. Vi assicuro che dare una definizione di bosco è più difficile di quanto possa sembrare. Inizio confutando il pensiero più intuitivo di cosa sia un bosco citando il Professore Orazio Ciancio: “La scienza è fatta di dati, come un bosco di alberi, ma un ammasso di dati non è scienza, così come un insieme di alberi non è bosco”. Quindi, cos’è un bosco? Citando Tansley, “in questo senso il bosco costituisce un ecosistema, da intendere come insieme di organismi, in parte interdipendenti, dei fattori fisici che formano l’ambiente e delle interazioni che stabiliscono tra loro”. Dunque, il bosco è un ecosistema caratterizzato da una componente organica (chiamata tecnicamente biota), cioè gli esseri viventi che popolano il bosco; una componente fisica (tecnicamente detta biotopo), ovvero il non vivo ad esempio le rocce; e le interazioni che si formano tra loro. Un ecosistema può essere considerato, parafrasando il filosofo Nietzsche che mi scuserà, un unico “super essere” vivente.

Stabilita una definizione di bosco (o foreste, o selva, ormai definiti questi termini come sinonimi dal d.lgs. n.34 del 2018) tale da permettere la comprensione di quello che segue, dobbiamo aggiungere un altro tassello: la classificazione degli esseri viventi che compongono il bosco. Lo studio delle classificazioni degli esseri viventi è piuttosto tortuoso e complesso, però quello che è necessario sapere è che ogni essere vivente appartiene ad una specie definita, nella nomenclatura binomica di Linneo, attraverso l’uso di due termini che sono il Genere e la specie (ad esempio: il nome scientifico del Lupo è Canis lupus L., dove Canis è il termine che indica il genere e lupus la specie). Più specie appartengono allo stesso genere e più generi alla stessa famiglia e così via.

Conclusa questa introduzione concettuale doverosa per godere appieno del nostro “viaggio” tra i boschi nei dintorni di Castelbottaccio possiamo calarci nel vivo dell’impresa.

Castelbottaccio è un comune situato a 617 metri sul livello del mare. L’altitudine e le condizioni climatiche sono fattori che determinano il tipo di bosco che si può trovare in una determinata area geografica. Cosa sono i tipi forestali? Il tipo forestale, così come viene riportato nel volume dei “Tipi forestali e preforestali della Regione Molise”, è caratterizzato da un’omogeneità dal punto di vista ecologico, floristico e colturale. In altri termini, è definito dalle specie vegetali che lo compongo, dalle condizioni ecologiche e da come il bosco viene gestito.

Il bosco predominante nei dintorni di Castelbottaccio è riferibile al tipo Cerreta mesoxerofila.

Il cerro è una quercia. Il termine quercia come erroneamente qualcuno potrebbe pensare, non è una specie arborea ma bensì un genere (Quercus L.) a cui afferiscono più specie come ad esempio: la roverella (Quercus pubescens Willd.), la sughera (Quercus suber L.), la rovere (Quercus petraea Liebl.) e la farnia (Quercus robur L.). Nei boschi situati nei dintorni di Castelbottaccio la specie di quercia predominante è il cerro (Quercus cerris L.), da qui l’espressione Cerreta, consociato alla roverella. Il termine mesoxerofila invece significa mediamente arido, quindi troveremo tutte quelle

specie floristiche che hanno particolari adattamenti per vivere in questi ambienti. Prendendo come esempio la roverella (ma anche il cerro), uno di questi adattamenti è la presenza abbondante di tricomi (per intenderci possiamo assimilarli a peli) nella pagina inferiore delle foglie che impediscono un’elevata perdita d’acqua da parte della pianta.

Passando invece all’aspetto colturale… “Ma come si coltivano i boschi?” Ebbene sì, i boschi vengono coltivati, o per meglio dire gestiti ed esiste tutta una materia tecnico scientifica a riguardo chiamata selvicoltura (o silvicoltura) che, mio malgrado, non tratterò in questo momento. I querceti mesoxerofili a cerro sono gestiti con forma di governo a ceduo e trattamento a ceduo matricinato. Cosa significa? Il ceduo è quella forma di gestione in cui la rinnovazione delle piante avviene prevalentemente per via agamica (cioè non per seme). Quindi si taglia l’albero alla base e da quella base (denominata ceppaia) si formeranno molteplici getti chiamati polloni. L’espressione “matricinato”, invece, ci dice che non vengono tagliati tutti gli alberi di una determinata superfice ma se ne lasciano alcuni, generalmente i migliori.

Concluso questo brevissimo “viaggio” in bosco vi auguro un buon 21 marzo.

Saluti forestali a tutti!

EDUARDO ANTENUCCI

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